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Ex Ilva, Perrini (FdI): una mozione perchè il governo regionale tuteli i lavoratori e l’ambiente

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Il consigliere regionale di Fratelli d’Italia, Renato Perrini, ha presentato una mozione sulla “Situazione dei lavoratori ex ILVA e il diritto a un ambiente salubre per la città di Taranto” per impegnare il governo regionale ad adottare tutte le forme di tutela lavorative e utilizzare tutte le risorse necessarie per garantire la salute dei tarantini

Di seguito il testo integrale del testo:

Il Consiglio Regionale della Puglia

premesso che:

nel rapporto annuale “Il diritto ad un ambiente pulito, sano e sostenibile: un ambiente non tossico”,  pubblicato e approvato dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu il 12 gennaio scorso, David R. Boyd, relatore delle Nazioni Unite sugli obblighi in materia di diritti umani relativi al godimento di un ambiente sicuro, pulito e sostenibile, e Marcos Orellana, relatore sulle implicazioni per i diritti umani della gestione e lo smaltimento di sostanze e rifiuti pericolosi, avrebbero dimostrato come i cittadini di Taranto, soprattutto chi vive nelle vicinanze dell’impianto siderurgico ex ILVA “soffrono di malattie respiratorie, cardiache, cancro, disturbi neurologici e mortalità prematura”, la presenza dello stesso stabilimento avrebbe compromesso la salute dei cittadini e violato i diritti umani per decenni, causando un grave inquinamento atmosferico;

lo stesso rapporto ONU definirebbe Taranto «tra i luoghi più degradati in Europa occidentale», anche perché «Il diritto a un ambiente salubre pu? essere garantito solo se si limita l’utilizzo di sostanze tossiche che colpiscono le persone più vulnerabili. Cos?, evidentemente non accade a Taranto dove le operazioni di pulizia e bonifica dovevano iniziare nel 2021 ma sono state rinviate al 2023, con azioni dei diversi governi che permettono all’impianto di funzionare non tenendo conto neanche della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo con la quale l’Italia, nel 2019, è stata condannata per aver violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare di alcuni cittadini»;

solo nel 2018, la Corte Costituzionale dichiarava l’illegittimità costituzionale di alcune norme di uno dei tanti decreti pro Ilva, del 2015, sulla base della motivazione per cui, nella vicenda legislativa del siderurgico di Taranto, “il legislatore aveva privilegiato in modo eccessivo l’interesse alla prosecuzione dell’attività produttiva e aveva, invece, trascurato del tutto le esigenze relative a diritti costituzionali inviolabili legati alla tutela della salute e della vita stessa (artt. 2 e 32 Cost.), cui deve reputarsi inscindibilmente connesso il diritto al lavoro in ambiente sicuro e non pericoloso (artt. 4 e 35 Cost.)”;

nel 2019, la Corte europea per i diritti dell’uomo condannava l’Italia “per la violazione dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che assicura il diritto al rispetto della vita privata, e dell’art. 13 sul diritto a un ricorso effettivo, per l’inquinamento provocato dall’Ilva e, in particolare, per non avere adottato misure in grado di tutelare il diritto dei ricorrenti a vivere in un ambiente salubre”, incapace di difendere i cittadini di Taranto dalle emissioni nocive dell’ex Ilva;

al dramma ambientale-sanitario, si aggiunge quello occupazionale con il Consiglio di Stato, che con ordinanza n. 1482 aveva sospeso la sentenza del TAR di Lecce che obbligava ArcelorMittal, ex Ilva, a spegnere entro metà aprile 2021 gli impianti dell’area a caldo del  siderurgico di Taranto, ritenendo prevalente l’esigenza di evitare il grave e irreparabile danno che sarebbe derivato dalla sospensione dell’attività, cui sarebbe dovuto procedere entro la scadenza dei termini stabiliti dall’ordinanza stessa; 

dai percorsi adottati dai diversi Governi negli ultimi 10 anni, si evince che delle vertenza ex Ilva è prevalsa la totale assenza di pianificazione affrontando la situazione attraverso decreti d’urgenza e accordi con la multinazionale senza incentivare alcuna forma strategica in supporto dei lavoratori e della sostenibilità ambientale;

con notizia stampa del 10 dicembre 2020, si annunciava l’accordo, con un aumento di capitale di AmInvest Co. Italy Spa (la società in cui Arcelor Mittal aveva già investito 1,8 miliardi di euro e che è affittuaria dei rami di azienda di Ilva in Amministrazione Straordinaria) per 400 milioni di Euro, che avrebbe dato a Invitalia, il 50% dei diritti di voto della società. Un secondo aumento di capitale dovrebbe avvenire a maggio del 2022 che sarà sottoscritto fino a 680 milioni da parte di Invitalia e fino a 70 milioni di parte di Arcelor Mittal. Al termine dell’operazione Invitalia sarà l’azionista di maggioranza con il 60% del capitale della società, avendo Arcelor Mittal il 40%;

il suddetto accordo conterrebbe un articolato piano di investimenti ambientali e industriale nonché l’avvio del processo di decarbonizzazione dello stabilimento, con l’attivazione di un forno elettrico capace di produrre fino a 2,5 milioni di tonnellate l’anno, cos? da farne il più grande impianto di produzione di acciaio “green” in Europa con il completo assorbimento, nell’arco del piano, dei 10.700 lavoratori impegnati nello stabilimento;

da fonti di stampa si apprenderebbe che il piano che dovrebbe portare gli stabilimenti ex ILVA sotto il controllo dello Stato, per il tramite di INVITALIA s.p.a., potrebbe saltare a causa mancato rispetto delle tre condizioni che, secondo gli accordi del 2020 avrebbero dovuto portare, in particolar modo, alla revoca di tutti i sequestri penali relativi agli impianti dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto entro maggio 2022;

considerato che:

nel luglio 2019, con la gestione ArcelorMittal, subentrata da pochi mesi (novembre 2018) a Ilva in amministrazione straordinaria, 1.200 addetti erano stati inseriti in cassa integrazione, numero che più che triplicato nel periodo del Covid, quasi 4.000 su un organico di Taranto di 8.200 addetti, per raggiungere negli ultimi tempi, il numero massimo, tra  quadri, impiegati e operai di 3.500;

con notizia dello scorso 25 febbraio, Acciaierie d’Italia (ex Ilva) si accingerebbe  a far partire una nuova richiesta di cassa integrazione straordinaria di 12 mesi per tutto il gruppo per circa 3.500 addetti complessivi, una manovra che verrebbe legata alla ristrutturazione dell’azienda e al nuovo piano industriale di Acciaierie d’Italia proiettato temporalmente sino al 2025, quando è previsto che il gruppo, a regime, abbia una produzione di 8 milioni di tonnellate di acciaio garantendo il lavoro a tutti gli addetti;

nella giornata di luned? 28 febbraio ha avuto luogo un presidio di protesta davanti alla direzione di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, da parte di alcuni operai di una delle tante aziende dell’indotto siderurgico tarantino, a seguito del mancato pagamento delle retribuzioni degli ultimi mesi : –

Impegna la Giunta Regionale

    1. azioni concrete nei confronti del Governo, anche attraverso la convocazione degli stessi rappresentanti istituzionali e dirigenti di Invitalia s.p.a.;
     
    1. diritto a un ambiente salubre, nonché il diritto inviolabile alla tutela della salute nel rispetto dell’articolo 2 e 32 della Costituzione e in considerazione del rapporto annuale pubblicato e approvato dal Consiglio per i diritti umani dell’ONU.