UBER: ELIMINARE L’UOMO E’ DIABOLICO(DA MARGINALMENTE)

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Confesso che sino all’altro giorno conoscevo Uber solo come organizzazione parallela alle consuete cooperative di tassisti. La cronaca, invece, ha rivelato che è in atto l’ennesima follia contro l’uomo: la guida automatica dell’auto o altro mezzo di locomozione. Da persona poco appassionata di innovazioni tecnologiche troppo spesso superflue, conoscevo quel po’ che passano gli spot televisivi: praticamente alcune comodità che rendono l’uomo sempre più inetto. Mi riferisco al sistema che consente all’auto di parcheggiare in automatico (grazie a un programma e ai sensori); e alla frenata automatica in presenza di un ostacolo.

Appartengo alla generazione che prese la patente negli anni Sessanta, quindi automobilisti con due punti d’onore: conseguire l’ambita autorizzazione alla guida senza passare da una scuola guida ma rigorosamente (ed economicamente) dalla Motorizzazione Civile; e saper parcheggiare parallelamente al marciapiede in uno spazio di appena mezzo metro più grande della propria auto con una sola manovra a retromarcia.

E’ evidente che la possibilità di parcheggiare senza mettere le mani sul volante, ma facendo scegliere al computer di bordo, è sì comoda ma rende l’uomo sempre più inetto.

Ed ecco che arriva la notizia bomba degli esperimenti negli Stati Uniti – pare in fase molto avanzata – di auto senza autista, che si muovono, svoltano, frenano, accelerano e arrivano alla destinazione prefissata senza che ci sia un essere umano al volante. La notizia ha fatto il giro del mondo perché l’ “auto intelligente” ha ammazzato una giovane ciclista. Non che non ci siano ciclisti e pedoni ammazzati da auto guidate da sbadati o ubriachi o drogati, ma la discussione deve necessariamente spostarsi su un piano più alto. Questo mondo moderno “bellissimo” crede di poter risolvere tutto con la tecnologia. Fino a un certo punto sta bene anche a me, come credo a tutti: ma non al punto di pensare che la tecnologia possa risolvere anche la “fastidiosa presenza dell’uomo”.  Abbiamo cominciato con la robotica nelle fabbriche che sempre più ha mandato a casa operai; siamo giunti – vedi il caso Amazon – ai robot che vanno a prendere gli articoli da spedire, e ai braccialetti elettronici che controllano che il poco personale rimasto non compia percorsi inutili e non impeghi troppo tempo per andare al bagno (e che non ci vada troppo spesso). Mi chiedo che senso abbia togliere persino il posto di lavoro a un autista, a un tassista, per affidare la vita delle persone (in auto e fuori) a un computer che – come ci insegna il pc di casa – in qualunque momento può andare in tilt, perdere una connessione, o non so più cos’altro. Ma, naturalmente, ci sarà qualche economista pronto a spiegarci che la nuova apparecchiatura, prodotta in serie, costerà quanto pochi mesi di stipendio di un autista il quale, invece, “pretende” di lavorare e guadagnare uno stipendio per tutti i mesi di tutti gli anni della sua vita lavorativa. Stupendo! Ma quando nessun operaio lavorerà più, e nessun autista, e nessun giornalista, eccetera, chi più avrà anche i pochi euro per permettersi di pagare la corsa del pericolosissimo taxi a guida computerizzata?

LE PREVISIONI DELLO STREGONE

A proposito di quanto scritto sopra, voglio raccontare una storiella che ho sentito pochi giorni fa dalla viva voce di un autorevole personaggio. La storia è questa.

Nella zona dei grandi laghi tra Usa e Canada vive una antica tribù indiana. Quando muore la vecchia guida spirituale e morale, ovvero lo stregone, i nativi rintracciano il figlio che nel frattempo si era trasferito in America e lì aveva studiato elevandosi molto al di sopra delle antiche credenze della tribù. Il giovane viene moralmente costretto a tornare nella terra dei grandi laghi per prendere – non senza imbarazzo e poco convincimento –  il posto del padre. Un giorno di fine estate, gli anziani lo interpellano chiedendogli, come facevano col vecchio stregone, come sarà l’inverno. E specificano che se l’inverno sarà molto rigido, loro dovranno per tempo raccogliere più legna per scaldarsi. Il giovane, attraverso il suo computer, di nascosto scrive a un importante centro meteorologico e chiede notizie. La risposta è che è ancora troppo presto per una previsione. Il giovane “stregone”, per togliersi dall’impiccio, si affida all’ovvietà e risponde agli anziani che l’inverno sarà “abbastanza freddo”. “Bene – dicono gli anziani – cominceremo a raccogliere legna”. Qualche settimana dopo, il figlio del vecchio stregone riceve nuovamente la richiesta di una previsione più certa. Riscrive al centro meteorologico e stavolta la risposta è “farà molto freddo”. “Allora aumenteremo la raccolta di legno” gli dicono gli anziani. A un’altra consultazione del centro, i meteorologi rispondono che farà un freddo eccezionale. “Ma come fate a prevedere l’inverno con tanto anticipo – chiede il giovane stregone improvvisato – che apparecchiature sofisticate avete?”. Dal centro gli rispondono: “Nessuna apparecchiatura. Noi da anni osserviamo una tribù di pellerossa che vive in quell’area: se cominciano a raccogliere molta legna allora significa che l’inverno sarà freddissimo”.

Antonio Biella