La poetica di Pierfranco Bruni
La potenza del ricordo in un’opera senza tempo
MARILENA CAVALLO
Cinquant’anni fa, Pierfranco Bruni muoveva i primi passi nella scrittura poetica come un atto di rivelazione spontaneo. Da allora le sue parole fanno vibrare il cuore con “Ricordi di passi di segni sulla sabbia sulle onde… Fili di luna di stelle di vento… Ritagli di tempo…”.
Oggi questa silloge, riproposta da Luigi Pellegrini Editore, incanta per la sua spontanea intensità, che trova accesso all’essenza delle cose. In quei versi giovanili si legge l’impeto di un’anima in cerca di luce e verità, capace di trasformare la sabbia, le onde e il soffio del vento in simboli di un’esperienza esistenziale universale.
La nuova edizione è un autentico tuffo nel passato, a cui risponde come eco un poeta più maturo che accompagna la freschezza di quel “poeta ut puer”, che, alle soglie dell’adolescenza, aveva già osato parlare al mondo con immagini vibranti e sincere. Quel calore originario si è mantenuto intatto e le minime revisioni linguistiche esaltano la forza emotiva. I versi di Bruni, continuano a dialogare con il presente, offrendo uno specchio in cui riflettersi e ritrovare la pura meraviglia della vita.
Ogni parola, ogni immagine, si trasforma in un ritaglio di tempo: la sabbia diventa memoria, le onde il fluire delle emozioni, il vento l’eco di un passato che non smette mai di farsi sentire. Forte l’incontro tra l’urgenza esistenziale della giovinezza e la maturità di una riflessione che sa leggere il mondo con occhi incantati. La poesia è la voce prescelta da Bruni, un ponte che unisce epoche, sfida il tempo e invita a rinnovare il legame con la nostra parte più autentica, pur nell’assurdità della condizione umana.
La potenza del ricordo e la capacità d’immaginazione lampeggiano in ogni verso, nella certezza che la poesia non sia solo l’arte di scrivere, ma quella di sentire profondamente il mondo, di coglierne ogni dettaglio e di custodirlo come un prezioso frammento di eternità.
In un’alba che appare come un fragile messaggero di luce, la poesia di Bruni si svela in tutta la sua dimensione aurorale, come la concezione di Zambrano Maria che trasforma l’alba in un rituale di rinascita. La luce che precede il giorno diventa un simbolo di verità nascosta, un invito a guardare oltre il velo delle apparenze e ad abbracciare la profondità dell’essere. In questo orizzonte, ogni raggio si fa verso, ogni crepuscolo una pagina di un poema eterno, dove il silenzio si veste di speranza e di promesse.
L’uomo inquieto, quella figura camusiana che sfida l’assurdo, si erge come portatore di una tensione esistenziale incessante. Nelle sue gesta vive e nei suoi silenzi ribelli si cela la consapevolezza che l’inquietudine è motore e compagna di una ricerca sincera. È nel coraggio di vivere senza illusioni – sfidando il tempo, l’incertezza e l’amarezza delle cadute – che ogni attimo si trasforma in un tassello prezioso del mistero divenuto vita.
Nel fluire incessante dei giorni, le parole di un antico canto esplodono con intensità: “e tu che parti…/ e tu che torni/ …/ due come noi/ che per vivere hanno inventato la finzione…” Questi versi, spensierati e sinceri, sono come scintille che illuminano il cuore di chi sa che anche nella fragilità si cela la forza di un’emozione autentica. Essi invitano a cogliere la vita per quella “finzione” sublime che, paradossalmente, ne rivela l’essenza più vera.
Il poeta, giovane e ardente, si confronta con le stagioni della vita in un dialogo intimo e appassionato. La sua giovinezza, vibrante di colori e speranze, si mescola al lento scorrere del tempo, tracciando un percorso in cui ogni anno scolpisce ricordi e sogni. Ogni stagione segna un nuovo capitolo: ogni foglia caduta racconta di amori finiti, mentre il cuore si rinnova, convinto che il tempo stesso danzi al ritmo inesorabile dell’esistenza.
E poi c’è quel correre a piedi nudi, una corsa appassionata verso amori da vivere e, a volte, da lasciar andare – un gesto ribelle e sincero come le rose che stanno perdendo i loro petali. Correre senza barriere diventa il simbolo di una vita vissuta intensamente: un inno alle imperfezioni, alle cicatrici che si tramutano in versi, a un destino che, pur segnato, non smette mai di sorprendere.
Così, tra la luce dell’aurora e l’eco dei sogni, si dispiega un universo fatto di parole, emozioni e respiri. La vita diventa un tappeto in cui ogni istante è un frammento di eternità, un viaggio irto di ostacoli e speranze rinnovate. I versi, come scintille di un fuoco fatuo, indicano la via per chi, pur cadendo, trova nella fragilità il coraggio di alzarsi e continuare a sognare.
In questo caleidoscopio di emozioni e riflessioni, la scrittura trasforma ogni ricordo in un tassello di luce. La penna, quale asta luminosa, disegna sentieri in un labirinto d’intimità, e ogni parola diventa parte di un mosaico in continua espansione. La poesia, nella sua aurora vibrante, non si limita a narrare il passato o a profilare il futuro, ma trasforma l’ordinario in straordinario, rivelando in ogni battito d’esistenza l’immensità di ciò che può essere scoperto.
Il cuore del poeta pulsa al ritmo delle stagioni, dove la fragilità dell’essere si fonde con la forza di chi aspira all’infinito. Le parole, come ponti tra l’umano e il divino, invitano a perdersi in un abisso di pensieri e sentimenti che, liberatori e disorientanti, sanno aprire nuovi orizzonti. La vita si dispiega come un arazzo multicolore, ogni filo racconta di attimi intensi, di corse a piedi nudi su sentieri sconosciuti e di amori che, pur sfioriti, lasciano un’impronta indelebile nell’anima.
Nell’incrocio tra l’aurora che illumina l’alba e il tramonto che chiude l’orizzonte, ogni istante si rivela carico di una bellezza malinconica e incandescente. La poesia diviene il linguaggio supremo, capace di unire l’uomo inquieto, la giovinezza speranzosa e il fluire eterno delle stagioni in un’unica sinfonia che echeggia nei recessi del tempo.
In questo fluire incessante, il tempo si fa testimone silenzioso di ogni emozione, e ogni battito del cuore racconta una storia di vita intensa. Il cammino, costellato di ricordi effimeri e infiniti sogni, diviene invito a celebrare la nostra umanità con coraggio, audacia e un pizzico di follia poetica.
Nel delicato intreccio di versi moderni e ricordi di un tempo vissuto, Pierfranco Bruni si staglia come un poeta che, con la leggerezza di un soffio fresco, ci invita nell’universo delle emozioni quotidiane. I suoi versi, intrisi di una rara sincerità, sanno afferrare la vita con quella delicatezza capace di trasformare ogni istante in un racconto vivo e pulsante. «Ti parlo come se le parole fossero storie/e le storie tracciati di destini», ci dice, tracciando una mappa in cui ogni parola diventa il segnale di un incontro, di un destino condiviso; qui il linguaggio non è mera ornamentazione, ma un mezzo per svelare la trama nascosta dei giorni. È un richiamo a vivere i sentimenti senza veli, come nell’aurora ispirata dal pensiero di Zambrano Maria, dove l’alba si fa portatrice di nuove prospettive e di una luce rivelatrice che incornicia il futuro.
La forza evocativa di Bruni si manifesta anche in immagini dirette e torpide, capaci di abbattere le barriere della retorica. «Sorridimi/ sorridimi sempre con i tuoi bianchi denti carnali» è un invito a sorridere con quella spensieratezza autentica che ci lega all’essenza più umana; un sorriso che, con la sua naturalezza quasi tattile, si impone come gesto d’amore e di speranza, lontano da artifici altisonanti e lontano da eccessi verbosi. La poesia qui diventa una carezza, una luminosa dichiarazione di affetto che invita a riconoscersi nell’abbraccio della quotidianità.
Altro frangente poetico si svela nei versi: «la tua bellezza/ ha lo sguardo della ninfa che ho sognato da ragazzo». Qui la figura della donna-ninfa evoca l’intensità di un ideale giovanile, quella purezza del desiderio che un tempo ardeva come fiamma viva, un tempo in cui il sogno e la realtà erano un tutt’uno. È lo sguardo che trasporta la memoria di una giovinezza ribelle, espressa con la semplicità e la forza di chi avverte il mondo con occhi ancora intimi e seducenti. E ancora riecheggia l’immagine di “quel ragazzo/ che é partito per vivere/ e per tornare”: una figura emigrante, calabrese per radici e per destino, che ha lasciato il nido per abbracciare il mondo intero, ritornando però portatore di un bagaglio di emozioni che lo rende indimenticabile.
Nei gesti simbolici e nelle metafore dei suoi versi, Bruni riprende la fragranza delle “collane di perle”, quegli accenti preziosi che impreziosiscono gli “intrecci di Destini” e danno forma a una “favola bella/ che mai ci illuse”. Non c’è vanità in questo racconto, ma la celebrazione di una vita fatta di momenti incastonati, di ricordi dorati come le perle e intrecci sottile come i capigliosi nodi” delle radici dell’albero esistente. Le immagini si susseguono con una naturalezza che non pretende di elevare la poesia a un culto inaccessibile, bensì la rende amica e confidente di chi la legge, invitando alla consapevolezza che ogni storia, per quanto delicata, contribuisce a disegnare il grande affresco dell’esistenza.
Il dialogo intertestuale non manca: un sobrio riferimento a Pavese con «sei venuta di Marzo» si inserisce come un tuffo nella rinascita primaverile, dove la freschezza dell’incontro e l’imprevedibilità della stagione evocano un senso di speranza e trasformazione. Allo stesso modo, la filigrana dannunziana riaffiora in una veste rielaborata e contemporanea, in cui la natura diventa testimonianza del sublime e del fragile, un invito a perdersi nel respiro della vita proprio come in quel pineto bagnato dalla pioggia che sa accarezzare l’anima di una nuova Eleonora.
Bruni rinnova costantemente il patto con il lettore, fondendo l’urgenza esistenziale della giovinezza con la maturità disincantata di chi ha vissuto intensamente. La sua scrittura, fresca e diretta, è un ponte tra mondi: da un lato, il ragazzo che parte per vivere, dall’altro, l’uomo che torna arricchito da esperienze e ricordi, pronto a raccontare al mondo che la poesia non è solo l’atto di scrivere, ma quello di sentire in profondità ogni palpito dell’universo.
È in questo oscillare, tra la leggerezza e la riflessione, che il poeta custodisce la bellezza dei dettagli, cogliendo di un sorriso i “bianchi denti carnali”. Ogni gesto diviene una piccola rivoluzione quotidiana. Un verso.
La poesia si fa così strumento di un dialogo sincero con il tempo, una celebrazione del destino che si intreccia nei ricordi come collana di perle preziose. L’intreccio di immagini e simboli – dalla forza giovanile alla serenità di chi sa accettare il vivere e il morire delle illusioni – appartiene a quella dimensione che abbraccia il reale senza negarne la fragilità, invitando a un percorso di costante riscoperta.
In questo magma di emozioni, con toni mai altisonanti ma sempre intensi e genuini, la poesia bruniana guarda la vita come un viaggio di ritorno alle origini, dove ogni sorriso diventa un tassello di una storia in divenire, un destino tracciato dalle parole che, come delicati intrecci, raccontano la bellezza effimera e infinita dell’essere.
Ogni verso è un invito a ritrovare il contatto con la nostra essenza più autentica, a lasciarsi sedurre da quella magia semplice ma potentissima che si cela dietro l’apparente scontatezza dei gesti quotidiani. Con una scrittura che è allo stesso tempo sincera e piena di passione, Bruni ci ricorda che, nonostante il tempo condizioni e trasforma, rimane sempre inalterabile quel desiderio ardente di amare, di cercare e di vivere intensamente, senza temere che la favola, per quanto bella e breve, ci illumini la via.
Un’opera senza tempo che unisce la tenerezza della gioventù alla saggezza maturata col tempo, il poeta si rivela eterno narratore di emozioni, capace di fondere ricordi e sogni in versi magnetici e di trasportare il lettore in un viaggio interiore nel fremente sottosuolo poetico di Pierfranco Bruni.