RENZI TIRA FUORI 1,3 MILIONI

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Chi non ricorda quella sera di gennaio scorso, a Matrix, quando Matteo Renzi, in uno dei suoi show televisivi, tirò fuori un foglio e sotto lo sguardo un po’ sorpreso e un po’ divertito di Nicola Porro, esclamò tronfio: “Ecco, ho portato il mio estratto conto:  ho solo 15.859 euro. Come tutti possono vedere, non mi sono arricchito con la politica”.

“Poveretto!”  Esclamammo da casa tutti noi del popolino, posti davanti al televisore con pigiama, giacca da camera e pantofole,  in bocca un pezzo di panettone avanzato dalle recenti festività. “Se porta l’estratto conto della banca – ci dicemmo –  dev’essere vero!”. Invece, secondo l’eterna lezione di Andreotti, a pensar male forse si fa peccato ma spesso si azzecca.

Ed ecco che il “povero” Renzi, sino al quattro marzo semplice disoccupato, con soli tre mesi  di stipendio da senatore s’è comprato una villa prestigiosa a Firenze, del valore di 1,3 milioni di euro. Le cronache, puntigliose, raccontano di un anticipo versato al notaio con quattro assegni da 100mila euro l’uno  (ce li avevano, 400mila euro, quel 18 gennaio, quegli spettatori creduloni in pigiama?)  e che presto ci sarà il rogito definitivo con un mutuo da 900mila euro. Dove avrà preso il furbissimo ex segretario del Pd tutti quei soldi se – per sua dichiarazione – il 18 gennaio aveva solo 15.859 euro? Mistero. Doppio mistero se si pensa che questo sarebbe il quarto mutuo sulle (deboli?) spalle dell’affondatore del Pd.

Giacomo Amadori, l’articolista de La Verità, ha “sfruculiato” un altro fatterello. I vecchi proprietari della villa avevano fatto dei lavori abusivi e  nel 1986 avevano chiesto la sanatoria edilizia. Il Comune non ha mai risposto  se non 31 anni dopo, ovvero lo scorso anno.  Si fa peccato a immaginare che la sanatoria sia arrivata perché all’immobile era interessato un certo Renzi?

MODERATI CERCANO CASA

Gli sconvolgimenti politici di questi mesi, dopo le elezioni di marzo, fanno porre molte domande tra cui come riposizionare alcuni dei contenitori. La premessa a questa riflessione è che non esiste realmente un partito di Forza Italia, un Partito democratico eccetera, ma piuttosto ci sono delle persone, diversi popoli, che per idee, indole, visione della vita, cultura, ecc. si riconoscono in un contenitore politico. Quando prendiamo atto , dopo le ultime elezioni comunali, che  il Pd si è quasi liquefatto, non dobbiamo compiere l’errore di pensare che Renzi, Orlando, Orfini, e tutti quei volti televisivi che ci indispettiscono al solo apparire, “finalmente”  se ne vanno a casa. Il Pd non sono quelle cento persone che lo hanno affondato, ma sono quei milioni di non militanti ma semplici elettori (cittadini normali, qualche nostro amico, il nostro idraulico, il nostro medico)  che a quelle idee hanno creduto ed ora non credono più che quel contenitore  possa dare valide risposte.

Analogo discorso possiamo fare per l’altro grande partito oggi in crisi: Forza Italia, il partito dei moderati, dove per moderati s’intende moderati di destra. Non si può semplicemente gioire perché Berlusconi, col signor Brunetta, la signora Bernini e altri siano rimasti fuori dal governo. Occorre capire che quel popolo di moderati che da oltre vent’anni, e con tutte le traversie, si riconosceva in FI e nel genio di Berlusconi, non può restare orfano e senza casa. Così come non è pensabile che tutto il popolo del Pd  defluisca ordinatamente nel M5s, è altrettanto impensabile che il popolo di moderati di FI defluisca in massa nella Lega. Chi, come abito mentale, si trova a proprio agio in “doppiopetto”, non può improvvisamente preferire la “felpa”.

Il problema urgentissimo (ma i due partiti in crisi sembrano lontanissimi dall’uscita dalla crisi) è trovare una nuova strada  che non sia quella  del perenne allarme antifascista dei più cretini del Pd; e non sia l’opposizione di una FI “dura e pura” al governo, Lega compresa, anche se risolve il problema migranti che sta a cuore  al popolo di   grillini, leghisti, forzisti e democratici: cioè al popolo italiano. Parlo  del popolo perché alcuni partiti e loro apparati vorrebbero ancora lucrarci sopra .

Ora il problema è: riusciranno i partiti oggi sconfitti a riallacciare le linee telefoniche con la propria gente? Con quali strategie? E in quanto tempo?

Antonio Biella